Mancini a scuola, Marcello Maggioni psicoterapeuta: "C'è una fatica nella scrittura per i bambini" / La videointervista
"Il primo scoglio da mancino è stata la scrittura. Ho dovuto ingegnarmi per trovare una tecnica che mi consentisse di vedere ciò che scrivevo e non sporcarmi troppo la mano. Poi da ragazzo ho cercato di volgere in positivo questa diversità che tutti ti cuciono addosso, per cui se sei mancino, sei anche creativo e un po' artista. Durante le vacanze all'estero mi presentavo come left handed, ritenendo che l'essere mancino potesse farmi considerare interessante".
Marcello Maggioni, psicoterapeuta dell'età evolutiva a Bergamo, racconta a Manciniribelli la sua personale esperienza di mancino, le difficoltà quotidiane e la capacità di ingegnarsi per fare di ogni inciampo un trampolino per un nuovo obiettivo. Come quando, da ragazzo, ha deciso di imparare a suonare la chitarra e, alla richiesta di acquistarne una per mancini, si è sentito rispondere dal commesso del negozio che non esistevano chitarre per mancini. "Avrebbero dovuto dirmi che bastava girare le corde perché un mancino potesse più agevolmente suonare la chitarra - osserva oggi Maggioni -. Ma in fondo è stato meglio così, perché quell'esperienza mi ha consentito di migliorare il coordinamento e rafforzare la mano destra, che fino ad allora usavo solo per l'equilibrio e poche altre cose".
"Ho avuto la fortuna di avere come maestra una suora un po' artista, che non mi ha mai costretto a usare la mano destra e anzi vedeva quasi di buon occhio il fatto che fossi mancino. Più che altro le difficoltà erano di tipo pratico, con l'approccio alla scrittura e al materiale didattico. Il mio incubo erano le penne cancellabili Replay, che in quel periodo andavano di moda e sporcavano 10 volte più delle altre".
Si è mai sentito in qualche modo condizionato o giudicato perché mancino?
No, anzi cercavo di volgere in positivo questa mia diversità, facendone quasi un punto di vanto.
Scuola a parte, quali altre difficoltà ha incontrato e incontra tuttora?
"Le forbici sono tuttora il mio incubo, non ho mai imparato a tagliare. Quando ero ragazzino non esistevano quelle per mancini e non ho mai acquisito quella manualità che, per esempio, ha mia figlia (destimane, ndr)".
Che tipo di mancino è?
"Sono un mancino totale, ho una forte lateralizzazione. Sono mancino di mano, di piede e anche di occhio. Uso la mano sinistra per fare ogni cosa, tranne che per suonare la chitarra"
Da psicoterapeuta dell'età evolutiva ha seguito bambini mancini? E, se sì, ha notato uno stress maggiore in relazione alle difficoltà che incontrano a scuola?
"Ho seguito diversi bambini mancini, in cui l'invio non era dovuto al fatto che fossero mancini, perché usare la mano sinistra non è una patologia, ovviamente. In quei casi è nata subito un'empatia naturale e reciproca perché entrambi, io e il bambino, sapevamo di avere questo tratto in comune.
Due sono gli aspetti da non sottovalutare nei primi anni di scuola di un mancino: quello del vissuto, quando il bambino sta imparando a scrivere e trova maggiori difficoltà perché non vede le letterine che traccia sul foglio, poi ha questa mano che gli copre la scrittura e si sporca tutta. Sono delle fatiche in più, rispetto ai destrimani, che il bambino deve imparare a gestire. Poi magari si accorge che i compagni incontrano meno difficoltà di lui, sono più veloci a scrivere, finiscono prima il compito in classe e così rischia di trovarsi in una situazione di disagio.
L'altro aspetto, più tecnico, riguarda gli esercizi di scrittura, che sono tutti pensati per i destri e possono ingenerare l'idea che un mancino scriva peggio o, in alcuni casi, far ritenere erroneamente che abbia problemi di disortografia, che oggi è uno dei disturbi specifici dell'apprendimento".
Chi è mancino nella sua famiglia?
"Mia nonna. L'ho scoperto da grande, perché l'ho sempre vista scrivere con la mano destra e non sapevo che fosse stata 'rieducata' a scuola, come si usava in passato per omologare tutti alle regole della società".
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